sabato 21 febbraio 2009

Dario Franceschini a Palmanova

I compagni di classe raccontano il giovane dc Franceschini

E Dario a sorpresa vinse al liceo

Marcello Pradarelli
Nella tasca dell’eskimo infilava il «Popolo»
Giocava a trionfo nella sezione del Pci
Bravissimo in italiano, ma studiava poco
Già l’Unità era considerato un giornale troppo di destra e quel pazzo di Franceschini arrivava in classe con il Popolo, organo ufficiale della Dc, infilato nella tasca dell’eskimo. Un’asimmetria totale tra look e politica, al limite dello sfregio specie per la mitica sezione E del liceo scientifico, da sempre la più rivoluzionaria a casinista del Roiti. Era proprio una questione di classe: esistevano solo destra e sinistra - possibilmente estrema - i democristiani non erano contemplati, i giovani democristiani, poi, appartenevano a una galassia solo immaginaria.
Ma le elezioni scolastiche, quelle dei famosi decreti delegati, le vinse proprio Dario con la lista Associazione studentesca democratica. Soffiò il posto di rappresentante di classe a Patrizio Fergnani, cattolico impegnato di sinistra, e spadroneggiò anche nel resto dell’istituto con grande sorpresa e amarezza di Alessandro Bratti, compagno di banco di Dario e compagno a tutti gli effetti, con un piede nel Pci e l’altro nel Collettivo studentesco che contestava il Pci.
Il Popolo in classe, però, era davvero troppo. «Gliel’abbiamo anche bruciato» rammenta Bratti, che fa una chiamata di correo a carico di Giorgio Ascanelli, proprio quell’ingegner Ascanelli che ha lavorato per il team Ferrari e ora è direttore tecnico della scuderia Toro Rosso. Dario sapeva come vendicarsi della goliardica intolleranza dei comunisti. Lasciava passare qualche giorno, poi colpiva. Gli bastava sfilare il tubino della miscela dal «Ciao» di Bratti per costringere il compagno di banco a farsela a piedi fino a casa.
«Ci siamo divertiti un sacco - ride il deputato Bratti - e studiare studiavamo poco, solo Ascanelli si dava da fare, Dario era nella media della classe, bravissimo in italiano, una frana in matematica. Era scarso anche a pallavolo, però era bravo come addetto stampa della 4 Torri» la società di volley che fece di Bratti un mito, specie fra le ragazze. A basket invece Dario il democristiano se la cavava bene e nei tornei scolastici non ce n’era per nessuno contro la terza, la quarta e la quinta E.
Fergnani, segretario del circolo Pd-Foro Boario, in nome del rendimento scolastico di ieri reclama un seggio a Strasburgo oggi: «Alla maturità dopo Ascanelli, cui negarono il 60 solo perchè ce l’avevano con tutta la classe, c’ero io, Franceschini era molto dietro. Se tanto mi dà tanto ambisco a diventare parlamentare europeo». Quanto indietro fosse Dario nessuno lo svela, una fonte non scolastica svela che strappò un poco onorevole 36, ma che poi si rifece con gli interessi a Giurisprudenza senza mai perdere un colpo. Lo studente Franceschini è in gamba a trionfo. Il luogo prediletto per giocare a carte era la sezione Enti locali del Pci, che alloggiava nella Torre dell’Orologio. Bratti aveva la chiave perchè suo papà Luciano era il segretario: busso, liscio e volo tra una falce e martello e una foto di Gramsci. E lui rimane imperterrito democristiano, sebbene di sinistra.
Marina Gionchetti, ora avvocato civilista, se lo ricorda bene il primo Dario: «Facevo anche io lo scientifico, ma ci siamo conosciuti quando la Dc fece un corso di formazione di tre giorni a Limone del Garda». Correva l’anno 1974, Dario aveva 16 anni, Marina 14. «L’anno dopo abbiamo fondato l’Asd e abbiamo vinto le elezioni scolastiche. Incredibile vero? Era convincente, nelle assemblee non lo fischiavano mai, mica come Perazzolo (oggi in Fi, ndr) che all’Ariosto non lo facevano parlare. Vincevamo perchè eravamo moderni, cesaroli nemmeno un po’. Io portavo gli zoccoli e le gonne lunghe (che era l’identikit femminista), Dario l’eskimo, i capelli lunghi e le Clark. Eravamo come gli altri giovani, solo che eravamo democristiani». E un po’ matti. Alla festa dell’Amicizia di Palmanova i giovani Dc capeggiati da Dario sfilarono per le strade gridando uno slogan che Marina ha stampato in testa: «L’Emilia è rossa/La faremo bianca!»
Bratti non si scandalizza: «Avevamo idee diverse, ma Dario è stato sempre un progressista». A vent’anni, nel 1978, Dario è costretto a diventare adulto politicamente. Conosce Zaccagnini e più di una volta fa il pendolare politico tra Ferrara e Ravenna, dove abita il segretario nazionale. Conosce Moro, che tiene seminari ai giovani dc, e quando le Brigate Rosse rapiscono il presidente della Dc, tocca a Dario andare in una piazza Municipale strapiena di bandiere rosse e bianche a parlare a nome dei movimenti giovanili dei partiti.
Quando finisce il discorso, sotto il palco l’aspetta Silvia, la ragazza che poi ha sposato e gli ha dato due figlie. Insieme corrono a Giurisprudenza, dove Dario deve dare il primo esame: ordinamento della Comunità europea. «E’ stato il primo di noi a laurearsi». Parola di Bratti, che rifinisce il ritratto a scopi di attualità: «E’ bravo Dario. E anche furbo».

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